Cuma
CUma
Le più antiche testimonianze della frequentazione del sito in età preistorica e protostorica provengono dalle necropoli esplorate nel corso dell’800 dallo Stevens, i cui ricchi corredi sono stati di recente esposti nel settore topografico del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Dell’antica Cuma – la prima delle colonie di popolamento greche in Occidente, fondata ai danni delle locali popolazioni osco-sabelliche nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. da Euboici-Calcidesi precedentemente stanziatisi nell’emporion di Pithekoussai (poi Aenaria nell’isola di Ischia) – sono attualmente visitabili l’acropoli con i Templi di Apollo e di Giove, il primo impianto dei quali risale all’età greca, e il cosiddetto “Antro della Sibilla”, riferito dalla tradizione al culto oracolare di Apollo ma sorto quasi certamente per scopi difensivi.
L’altra galleria, nota come Crypta Romana o “grotta di Cocceio”, con la quale si collegò in età tardo-repubblicana il porto di Cuma col Portus Iulius sui laghi d’Averno e di Lucrino, al fine di potenziare militarmente la zona, è accessibile dal piazzale situato di fronte all’Antro della Sibilla e dal quale si imbocca la via Sacra, che conduce all’acropoli.
Visibili da quest’ultima sono anche i resti della “città bassa”, con i Templi italici del Foro ed i grandiosi ruderi di un edificio termale detto “Masseria del Gigante”, l’anfiteatro di recente riportato alla luce, nonché l’”Arco Felice”, impiantato sul valico che fu aperto nel monte Grillo, confine orientale della città antica, per il passaggio della antica via Domitiana.
I resti di un santuario isiaco, emersi nel corso di nuove indagini archeologiche eseguite in prossimità dell’area portuale della città, attestano la diffusione del culto egiziano di Iside nell’area flegrea. Lungo la costa a nord della città, presso la collina di Torregaveta, sopravvivono, infine, i resti della sontuosa villa marittima ivi impiantata da Servilio Vatia nel I secolo d.C.